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Il 18° Vampiro, Recensione e Intervista con l'autore Claudio Vergnani



​Autore: Claudio Vergnani

Genere: Horror, Pulp

Editore: Gargoyle Books

Pagine: 545

Anno: 2009

Valutazione: 🩸🩸🩸🩸🩸

Fuori dagli schemi, deliziosamente "volgare", sincero. Questi sono i primi tre aggettivi che mi vengono in mente per introdurvi il 18° Vampiro, ma che descriverebbero bene anche il suo autore, Claudio Vergnani, la cui personalità travolgente è intrisa nell'intera opera. Questa è una storia di vampiri (ma soprattutto di "ammazzavampiri") che per tutta una serie di motivi, i quali tenterò di spiegare al meglio delle mie possibilità senza troppi "spoiler", mi è rimasta dentro e sulla pelle come uno schiaffo. Non solo perché si parla di vampiri, verso i quali nutro una profonda ossesione, ma perché leggere Claudio è una vera e propria esperienza sensoriale resa con il "solo" potere della parola. Ho conosciuto l'autore grazie al suo librogame Il Vampiro e la Farfalla edito da MS Edizioni nel 2021 ( di cui trovate la recensione qui), per poi scoprire che quel mondo e i suoi protagonisti che tanto mi avevano affascinato avevano preso corpo anni prima in una serie di romanzi. Purtroppo, alcuni di questi non sono facilmente reperibili ma sono riuscita a trovare di seconda mano il 18° vampiro, splendido romanzo d'esordio del Vergnani pubblicato nel 2009 da Gargoyle Books, che determina l'incontro della coppia di protagonisti che ho conosciuto e amato nel librogame, Claudio e Vergy. In allegato alla mia recensione, perché nonostante siano passati anni sentivo il bisogno viscerale di parlarvi di questo romanzo, troverete l'intervista all'autore con il quale ho avuto il piacere di fare diverse riflessioni durante e post lettura, e che ringrazio infinitamente per la gentilezza e la disponibilità.


...sbarco il lunario uccidendo vampiri. Non è un compito difficile, ed è sempre meglio che lavorare. Io e i miei compagni li distruggiamo durante il giorno, mentre dormono il loro sonno di morte, nascosti nei loro miserabili covi. Non possono reagire. Un paio di colpi di mazzuolo ed è fatta. Forse non è il mestiere più bello del mondo, ma è facile e socialmente utile. Non occorre coraggio o particolare determinazione. Non serve essere animati dal sacro fuoco della giustizia. Serve solo un pò di pratica e tanta disperazione. Per certi versi è come dedicarsi alla disinfestazione di topi o insetti. Fai quello che devi fare, sopportando il disgusto, e poi te ne torni a casa. Sempre che non si finisca per esagerare, per passare la misura. Il problema è che non sapevo che esistesse un confine. L’ho saputo solo dopo averlo oltrepassato. E a quel punto, tornare indietro non era più possibile...

TRAMA

Ognuno tenta di sopravvivere come può in una società che, diciamocelo, con o senza vampiri non è esattamente rosa e fiori. C'è chi fa l'operaio, chi il commesso, chi il professore... e poi ci sono loro, i cacciatori di vampiri. Vi starete chiedendo, come Van Helsing? La risposta è: assolutamente no.

Siamo a Modena, dove un gruppo di disadattati, di outsider (dall'ex militare in disgrazia, all'attore porno, al disoccupato di turno) è ingaggiato da una misteriosa donna che da anni si occupa di finanziare operazioni diurne contro i vampiri. Fra loro vi sono Claudio, il tormentato protagonista principale e voce narrante, e Vergy, un reduce di guerra dalla testa calda e la volgarità sempre pronta. Qui nasce la loro amicizia, sull'orlo del disastro. Uccidere i vampiri è un lavoro relativamente semplice: vanno colpiti di giorno, ovviamente, durante il riposo forzato che li rende impassibili e vulnerabili. Non c'è eroismo, solo praticità. La vita dei protagonisti procede così, senza grandi clamori, finché non decidono che tutto questo non basta, che c'è bisogno di fare di più. Ed è così che vengono a conoscenza di un Maestro e ottengono un nome, un luogo, Corsano, dove con un po' di fortuna troveranno la radice del problema, senza ben sapere come sradicarla. Se ti avvicini troppo al fuoco, però, rischi di bruciarti, ed è così che le cose iniziano a precipitare fuori dal loro controllo... se mai ne hanno avuto.

RECENSIONE Come già detto in fase introduttiva, Il 18° Vampiro è un romanzo che ti entra dentro dall'inizio alla fine, grazie ad una scrittura scorrevole e al contempo profondamente descrittiva, vivace e sincera (come piace dire all'autore). Il realismo è la colonna portante dell'opera di Vergnani, che innesta l'elemento sovrannaturale in maniera del tutto verosimile e descrive luoghi e personaggi con estrema accuratezza. Entreremo nei pensieri e nelle emozioni dei protagonisti, nelle loro sconclusionate abitudini alimentari, nelle loro case disastrate (per usare un'eufemismo), nella loro difficoltosa vita quotidiana che li porta a dover sopravvivere contro veri e propri mostri e con ben poco a disposizione, arrancando nell'incertezza totale. E poi ci sono loro, i vampiri, creature disgustose, marciscenti, corrotte, che non esiteranno a mozzare teste, pisciarci sopra e ridere sguaiatamente del loro operato. Anche loro sono guidati da un brutale istinto di sopravvivenza, o dal senso del dovere nei confronti del Maestro. Aldilà della sempre apprezzata ironia e della palpabile adrenalina, ho trovato molto interessante la psicologia e le personalità dei protagonisti, ognuno profondamente caratterizzato, nessuno accessorio, nelle cui paure e disagi il lettore potrà trovare qualcosa di sè, come è accaduto a me. Una lettura fatta di risate, scene splatter senza omissione di dettagli, riflessioni, tensioni, coinvolgente dalla prima all'ultima pagina, che nonostante gli anni passati porta tutt'oggi una ventata di aria fresca in un genere che sembrava ormai saturo. Decisamente una storia che meritava di essere raccontata. Lascio ora la parola alle domande e alle cordiali risposte di Claudio per ulteriori approfondimenti.


INTERVISTA

Ciao Claudio, benvenuto su Eldritch Readings! Cominciamo da loro, i vampiri. Un tema a me molto caro, nonostante da tempo sia tristemente invaso da clichè e personaggi privi di spessore. Ma i tuoi vampiri sono diversi. Specialmente nell'opera Il 18° Vampiro le tueedettagliate descrizioni di queste creature generano una repulsione viscerale, sono marci dentro e fuori, capaci di azioni violente e malvagie prive di grazia e spesso fine a se stesse (torture, mutilazioni, umiliazioni). Certo, non tutti sono così, alcuni mantengono un aspetto più "umano" e meno marciscente, altri addirittura stabiliscono un rapporto con gli umani, altri ancora mostrano con nostro orrore la tragicità della loro nefasta condizione e della loro fame inestinguibile, quasi a volersi scusare di ciò che fanno. Non sono semplici mostri, sono creature complesse quanto gli umani che li combattono. Cosa ti ha ispirato a crearli proprio così e cosa volevi rappresentassero?

In realtà l'idea era di utilizzare i vampiri per creare un antagonista al gruppo di protagonisti che mi interessava descrivere. Non dico che dovessero risultare solo dei comprimari, ma non mi sembrava necessario dovessero essere molto di più. L'unica cosa che contava era che fossero pericolosi e senza scrupoli. Poi, scrivendo, via via mi è venuto naturale approfondirne la psicologia, differenziarli l'uno dall'altro e dotarli di caratteristiche peculiari. La radice della malvagità e del sadismo dei vampiri descritti è la sofferenza - il rimpianto della vita, l'orrore della non-morte, della sete inestinguibile, della corruzione del corpo e la consapevolezza della schiavitù nei confronti dei loro padroni - e dal momento che è pure la sofferenza (di vario genere - la consapevolezza di essere degli outsider, l'emarginazione, i disturbi psicologici, l'incapacità di inserirsi e/o adattarsi alla società) il motore degli ammazzavampiri, allora, in qualche modo, i due gruppi mi sono apparsi come "fratelli separati" in lotta che hanno finito per descriversi e caratterizzarsi a vicenda. So già che molti dei personaggi ne Il 18° Vampiro sono ispirati a persone che hai realmente conosciuto (oltre al fatto che il protagonista, Claudio, è altamente autobiografico). Come è stato inserire nel tuo mondo fittizio persone con le quali hai condiviso esperienze reali? Ha reso la stesura più semplice o hai vissuto dei conflitti? E inoltre, ti sei ispirato a persone reali anche per i personaggi secondari de Il Vampiro e la Farfalla?

Per quel che mi riguarda, scrivere di qualcosa o di qualcuno che conosco - anche solo in parte - mi rende tutto più semplice. Essenzialmente, mi fornisce dei chiari punti di riferimento, cosicché l'aspetto prettamente fantastico può concentrarsi su altri aspetti cruciali, quali la trama e il "senso" della storia. Poco o tanto, quasi ogni mio personaggio è ispirato a figure conosciute. Anche perché uno dei tratti distintivi delle mie storie è il realismo all'interno di un contesto fantastico. Se la base di partenza della narrazione è che i vampiri esistono e sono dotati di determinate caratteristiche, allora, se a combatterli sono degli esseri umani, mi interessa rendere con verosimiglianza e precisione come quegli esseri umani agiranno e cosa proveranno. I dialoghi sono cruciali. Dunque, se conosco il modo di parlare di una determinata persona - diventata personaggio - nella realtà, mi sarà molto più facile immaginare un possibile dialogo e il risultato sarà migliore. Intendo dire che se stanotte mi imbattessi in un vampiro - al di là di ogni ragionevole dubbio - non lo approccerei certo dicendo una stupidata tipo: "Che vuoi da me, dannato succhiasangue?!" Non mi passerebbe proprio per la mente. Probabilmente non riuscirei nemmeno ad aprire bocca. O forse, se fossi particolarmente depresso, potrei mormorare un prosaico: "Merda, ci mancava solo questa, un vampiro del cazzo..." Ripeto: i dialoghi sono decisivi per definire una storia. Se so come un personaggio parla è tutto più semplice.

Parliamo proprio de Il Vampiro e la Farfalla, cosa ti ha portato a creare una storia, anzi, un romanzo a bivi? Quali sono state le sfide, se ce ne sono state, e ti è piaciuta come esperienza? Pensi di riproporla in futuro?

Me lo hanno proposto. Era un tentativo lecito. Mi piaceva l'idea di offrire più di uno sviluppo a una storia e in questo modo di renderla flessibile. In tutta onestà non mi pare che sia stato recepito benissimo. Chi ama i romanzi normali lo ha trovato troppo dispersivo (qualcuno mi ha confidato di aver trovato irritanti le pause che imponevano al lettore una scelta, perché recepite come una brusca interruzione al piacere della lettura) mentre gli appassionati di libri game troppo poco interattivo. Almeno questa è la mia percezione.

Devo dire che sei uno dei pochi scrittori, se non l'unico, a farmi letteralmente esplodere dalle risate nei diversi passaggi comici che costellano le tue opere, un'ironia sboccata, esplicita, che farebbe storcere il naso a molti, ma denota una grande sincerità priva di inibizioni. Ti ha mai creato problemi? Ridi anche tu delle tue stesse battute quando le scrivi o le rileggi?

Suppongo che a qualcuno possa piacere e ad altri meno, certo è che davanti all'orrore, alla fatica, al terrore, molti dei miei personaggi utilizzano l'ironia, anche greve, come scudo e valvola di sfogo, nonché come salvagente per non affondare nella follia. Come farebbero i loro alter ego in carne e ossa. E poi non è gente che si prenda troppo sul serio. E' uno dei motivi per cui non sono in grado di inserirsi in una società pomposa, moralista ma fondamentalmente vuota e puerile come la nostra.

So che hai vissuto la guerra. Oltre al fatto che i protagonisti sono ex militari, le tue opere sono pregne di descrizioni di strategie, pianificazioni, inseguimenti estenuanti, perfino alla morte brutale ci si abitua abbastanza in fretta, proprio come immagino sia sul campo. Non c'è tempo per vivere il lutto, la sopravvivenza è più importante, dico bene?

La mia è stata una brevissima parentesi, nemmeno troppo consapevole, e di sicuro incongrua, in quello che oggi verrebbe definito un intervento di peace-keeping. La vera guerra - con lo strazio, il terrore, le urla, le mutilazioni, la morte - è altra cosa e fortunatamente non l'ho mai nemmeno sfiorata. Però ho conosciuto soldati di professione. Non sono come li descrive il cinema. Al contrario, proprio perché nel loro mestiere si rischia la pelle, tendono a una pianificazione quasi maniacale delle loro azioni (ove possibile, ovviamente). E questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato, proprio perché diametralmente opposto rispetto ai luoghi comuni narrativi e cinematografici che descrivono i militari come un'accozzaglia di bruti fegatosi ma senza cervello. In quanto al lutto, immagino che ognuno lo viva come riesce. A certe cose non ci abitua mai.

Come descriveresti le tue opere?

A essere sincero mi piacerebbe che venissero descritte da altri. Magari come un tentativo onesto di dire qualcosa di nuovo, in modo personale, senza cavalcare alcuna moda del momento. Domanda di rito, stai lavorando ad altri progetti?

Per sposarmi è un po' tardi, dunque dovrò continuare a inseguire il tentativo di scrivere il romanzo della mia vita. Una sorta di caccia alla Balena bianca, temo, ma in fondo il senso della vita è cercare di diventare la versione migliore di noi stessi. O almeno così penso io.







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